Il largo e simmetrico versante Nord occidentale, che si dispiega sull'Alto Agordino con uno sviluppo di circa sei km e si specchia nel lago di Alleghe con gli straordinari giochi di luci e ombre delle sue scanalature, fu denominato nell' epoca del sesto grado «la parete delle pareti», perché ciascuna delle punte della lunga cresta rappresentava un problema alpinistico a sé; ma anche sul versante opposto, che domina Zoldo, il gruppo si presenta con un'imponenza particolare, non interrotto da facili passaggi. Il nome è attestato per la prima volta in un documento zoldano (1665): Sass di Zuìta. Questa suggestiva metafora animale passò nelle carte e si diffuse nell'uso alpinistico; genuina denominazione valligiana è quella di Busa del Zuiton per indicare il circo roccioso sottostante la cima principale sul versante zoldano: ai margini opposti di questo circo si svolgono l'antica via normale e la recente ferrata degli Alleghesi. Ma la montagna doveva avere un fascino speciale, se ancora negli anni Trenta, alla domanda sull' origine del nome, Emilio Comici rispose che si chiamava così «perché la incanta», cioè per la sua capacità di sedurre gli alpinisti.
Il massiccio roccioso della Civetta
si snoda da Nord-est a Sud-ovest tra la Forcella d'Alleghe e la Forcella
delle Sasse; questa è il punto di congiunzione con il contiguo Gruppo
della Moiazza, che prosegue la bastionata fino al Passo Durane. A
Nord di Forcella d'Alleghe il gruppo digrada sulla Val Fiorentina
con una catena minore, ricca di pascoli, che culmina nel Monte Fernazza 2101
m. Immediatamente sopra la Forcella d'Alleghe, oltre il Monte Coldai
2403 m, la conca in cui si trova il laghetto di Coldai introduce
nella severa Val Civetta, che corre fra due precipizi: le pareti di
dolomia principale alte fino a 1200 m che
costituiscono la cresta sommitale e una compatta banca di Dolomia ladinica che
scende sulla Val Corodévole con un ulteriore salto di mille metri e che culmina nel Col Rean 2282 m. e nel Monte Alto di
Pelsa 2417 m.
Dalla Forcella Coldai 2191 m. la Civetta dispiega una serie di torri di quota crescente (Torre Coldai, Torre d'Alleghe, Castello di Valgrande, Torre da Lago, Pan di Zucchero, Punta Civetta, Punta Tissi) fino alla cima principale a 3219 m. Sotto la vetta si annida un piccolo caratteristico ghiacciaio, il Cristallo. In corrispondenza della cima la catena si divide in tre settori. Il ramo occidentale, che prosegue digradando la cresta principale e costeggia la Val Civetta, attraversa la cima della Piccola Civetta, la Cima De Gasperi 2994 m, la Cima Su Alto 2951 m, la Cima di Terranova 2900 m. e la selva di guglie dette Cantoni di Pelsa, che termina con la Torre Venezia 2337 m. Un più breve ramo orientale dai pendii detritici poco sotto la vetta (Pian della Tenda) si prolunga nella Cima di Tomè 3004 m e scende sulla Forcella della Grava in versante zoldano. Il ramo centrale si inizia dalla Piccola Civetta ed è costituito dai Cantoni della Busazza e dalla Cima della Busazza 2894 m, per concludersi con la Torre Trieste 2458 m. In mezzo a queste tre diramazioni sono racchiusi due alti valloni solitari e suggestivi: la Val dei Cantoni, che nella parte alta racchiude i resti di un ghiacciaio di circo, e il Van delle Sasse, un solitario ambiente carsificato del massimo interesse: questo è attraversato da un buon sentiero che mette in collegamento i versanti agordino e zoldano del gruppo.
La prima salita alla vetta principale ebbe luogo fra il 1855 e il 1860 dal versante zoldano, ad opera di cacciatori locali, fra i quali Simeone De Silvestro detto Piovanel; la prima ascensione alpinistica fu di Francis Fox Tuckett con le guide Jakob e Melchior Anderegg nel 1867. La via sale per facili rocce, camini e pendii detritici e nevosi su una sorta di piano inclinato sottostante la Cima di Tomè, al margine della Busa del Zuiton; tocca il Pian della Tenda, il cui nome ricorda una spedizione di topografi del 1884, e poi sale alla cima, dalla quale si apre improvvisa e impressionante la vista sul lago di Alleghe, oltre duemila metri più in basso. Al Pian della Tenda fu costruito nel 1938 il Rifugio Maria Vittoria Torrani; nello stesso anno veniva inaugurata una ferrata (la Tissi) che saliva dal Van delle Sasse e aveva il compito di facilitare il ritorno dalle difficili vie del versante Nord-Ovest. In quella fine degli anni Trenta, infatti, la «parete delle pareti» aveva già una lunga storia di exploit atletici sempre più esaltanti che l'aveva proiettata al centro delle cronache alpinistiche: sulle pareti del sesto grado si fronteggiavano la scuola tedesca e quella italiana di arrampicata. Ma la grande parete era stata esplorata già a fine Ottocento, quando venne tracciata (1895) una via di ascensione alla Piccola Civetta dagli inglesi Raynor e Phillimore con le guide Antonio Dimai e Giovanni Siorpaes. Ancora sul versante Nord-Ovest furono aperte due vie, assai tortuose, dall'agordino Cesare Tomè con Santo De Toni (1906) e dai tedeschi Gabriel Haupt e Karl Lompel (1910). Negli stessi anni venivano scalate anche tre cime importanti, come la Torre Venezia e la Torre Trieste, salite rispettivamente nel 1909 e nel 1910 da alpinisti triestini che costituivano a cosiddetta«squadra volante» (Napoleone Cozzi e Alberto Zanutti ai quali si aggiunsero - sulla Torre Venezia - Nino Carniel e Tullio Cepich).
Il grande anno della Civetta fu però il 1925: Emil Solleder e Gustav Lettenbauer, esponenti di spicco della Scuola di Monaco, salirono per una via diretta e logica la parete Nord-Ovest della cima principale, tracciando il primo itinerario che, secondo la nuova scala delle difficoltà, venne classificato di sesto grado. Da allora le pareti sulla Val Civetta, ma anche la Torre Venezia e la Torre Trieste, i Cantoni di Pelsa e la Busazza divennero per eccellenza il «regno del sesto grado». La prima ascensione italiana della via Solleder riuscì nel 1930 alla cordata di Attilio Tissi e Giovanni Andrich: era la settima ripetizione della via, fino ad allora riuscita solo a cordate tedesche. Nel 1931 la parete fu solcata da una nuova via di Emilio Comici con Giulio Benedetti, molto difficile ma meno logica della Solleder: quest'ultima è rimasta fino ad anni recenti un passaggio essenziale nel curricolo degli alpinisti di punta.
Non si può ricordare l'alpinismo in Civetta senza menzionare un protagonista che fu anche acuto studioso della storia alpinistica del gruppo, Domenico Rudatis. I libri dei rifugi e le pubblicazioni del CAI sono pieni dei disegni accuratissimi di Rudatis, delle sue cronache e descrizioni e soprattutto delle comparazioni fra le difficoltà, nell'intento di dare un valore il più possibile oggettivo agli exploit che si succedevano rapidi. Il gruppo disponeva fino ad allora di un solo rifugio: il Rifugio Coldai al margine settentrionale, costruito nel 1905. La frequentazione alpinistica portò alla costruzione, nel 1929, del Rifugio Vazzoler, sotto le Torri Trieste e Venezia, che divenne luogo di transito dei migliori. Di questo rifugio fu a lungo custode, nel dopoguerra, un altro grande protagonista dell'epopea della Civetta, l'agordino Armando Da Roit.
Le pareti della Civetta ritornarono infatti al centro dell'evoluzione alpinistica negli anni Cinquanta, quando alpinisti come Da Roit, Georges Livanos e Robert Gabriel, Armando Aste, Claudio Barbier aprirono nuovi itinerari di altissimo livello anche con l'uso dei mezzi artificiali; finché nel 1957 fu tracciata sulla Punta Tissi, da Walter Philipp e Dieter Flamm, una via di eccezionale difficoltà in arrampicata libera, che rimase come pietra di paragone per decenni. Negli anni più recenti, a fronte dell' apertura di numerosi itinerari moderni attrezzati a spit, con difficoltà di settimo e di ottavo grado, si assiste a una scarsa frequentazione delle grandi vie classiche. Anche per questo, l'invernale solitaria del ventottenne Marco Anghileri sulla via Solleder (gennaio 2000) assume un valore straordinario.
L’agordino è un mondo un po’ più severo e grandioso, dominato dalla montagna forse più bella ed imponente delle Alpi: il Civetta, sulla cui muraglia si sono svolti capitoli fondamentali della storia dell’alpinismo dolomitico.
PRINCIPALI ASCENSIONI NELLA CIVETTA DOPO IL 1925
1925 Civetta - Parete Nord-Ovest Emil Solleder,
Gustav Lettenbauer
1929 Busazza - Spigolo Ovest Renzo Videsott, Leo Rittler, Domenico Rudatis
1931 Civetta - Parete Nord-Ovest Emilio Comici,
Giulio Benedetti
1934 Torre Trieste - Parete Sud Raffaele
Carlesso, Bortolo Sandri
1934 Torre
Venezia - Alvise
Andrich, Emani Faè
1934 Punta Civetta - Alvise Andrich, Emani
Faè
1935 Torre Trieste - Spigolo Sud-Est Riccardo Cassin, Vittorio
Ratti
1936 Torre
di Valgrande - Diedro Nord-Ovest Raffaele
Carlesso, Mario Menti
1938 Su Alto - Parete Ovest Vittorio
Ratti, Gigi Vitali
1938 Pan
di Zucchero - Parete Est Paul
Liebl, Michael Schober
1942 Torre
di Valgrande - Parete Sud Mariano
De Toni, Cesare Pollazzon
1951 Su Alto - Diedro Nord-Ovest Georges Livanos,
Robert Gabriel
1954 Punta Civetta - Parete Nord-Ovest Armando Aste, Fausto Susatti
1957 Punta Tissi - Diedro Nord-Ovest Walter Philipp, Dieter
Flamm
1959 Torre Trieste - Parete Sud Ignazio Piussi,
Giorgio Redaelli
1964 Torre
di Alleghe - Parete Nord Domenico
Bellenzier
1965 Punta Tissi - Parete Nord-Ovest Ignazio Piussi, Pierre
Mazeaud, Roberto Sorgato
1972 Torre Trieste - Jerzy
Kukuczka e altri
1987 Punta Civetta - Via Capitan Sky-hook Paolo Crippa, Dario Spreafico
1991 Punta Tissi - Parete Nord-Ovest Valentin Pardeller,
Christoph Hainz
1995 Punta Civetta - Parete Nord-Ovest Renato Panciera e Mauro
Valmassoi
CRONOLOGIA DELLA VIA SOLLEDER-LETTENBAUER
1925 - 7 agosto. Prima
ascensione Emil Solleder, Gustav
Lettenbauer
1928 - 5/6 settembre. Prima ripetizione Leo Rittler, Willi Reiner
1930 - 31 agosto. Prima
italiana Attilio Tissi,
Giovanni Andrich
1930 - 31 agosto - 1
settembre. Prima femminile Paula Wiesinger, Hans Steger
1952 - 4 settembre. Prima solitaria Cesare Maestri
1963 - 28 febbraio - 7 marzo. Prima invernale Ignazio Piussi, Giorgio Redaelli,
Toni Hiebeler - (dal 4 marzo)
Marcello Bonafede, Natalino Menegus,
Roberto Sorgato
2000 – 14/18 gennaio. Prima solitaria invernale Marco
Anghileri
Ecco quasi tutte le cime del
gruppo
1866 – Un valligiano di nome Simeone De Silvestri, detto “Piovanel”, sale la Civetta. Probabilmente inseguendo una delle abituali prede da lui cacciate.
1867 – 31 maggio.
L’inglese Francis Fox Tuckett, ricco uomo d’affari di Bristol,
accompagnato dalle guide Melchior
Anderegg e suo cugino Jakob Anderegg e dalla guida italiana Nicolussi,
salgono nuovamente la Civetta (3220 m.). Ed è proprio Simeone De
Silvestri, detto “Piovanel”, il quale sembra abbia già salito ben
due volte il monte, ad indicare alla comitiva la via giusta per raggiungere la
vetta di questa leggendaria montagna.
1867 - Simeone De Silvestri, detto “Piovanel”, (un valligiano del posto) il quale sembra abbia già salito ben due volte la Civetta, accompagna lo straordinario Paul Grohmann fino alla sommità.
1895 - 24 agosto. Il monte Civetta (3220 m.), sull’immane parete Nord-Ovest venne scalato la prima volta da John Swinnerton Phillimore e Arthur Guy Raynor con le guide Antonio Dinai e Giovanni Siorpaes, seguendo un itinerario che risente dell’affannosa ricerca dei passaggi. Questa fu la prima via tracciata, è nota come la Via degli inglesi.
1906 - Cesare Tomé, oramai sessantaduenne e Santo De Toni, cinquantasettenne con il portatore Donato Del Buos, dopo un bivacco al Col Rean (Civetta), si mettono alle tracce della via di Dimai e degli Inglesi, lungo l’itinerario aperto undici anni prima.
Su questa salita cala il silenzio fino agli scritti di Domenico Rudatis, il quale rintraccia il libretto di guida di Santo De Toni ed un inedito scritto di Cesare Tomé, stabilendo, con prove quasi irrefutabili, che i due aprono una nuova via sulla parete Nordovest della Civetta. Infatti, volendo seguire, e non trovando, la Via degli Inglesi, sopra il Cristallo puntano direttamente all’intaglio tra la Civetta e la Punta Civetta.
Per 19 anni rimane l’unica via con meta la vetta principale e con difficoltà per quel tempo estreme.
Domenico Rudatis stabilisce, con le giuste misure storiche, la nascita della: Via degli Agordini.
1907 - Paul Hübel insieme a Günther von Saar fece nel un tentativo di ascensione alla parete Nordovest della Civetta, precorrendo la linea di salita che sarebbe stata trovata da Emil Solleder.
1925 - 7/8 agosto. Emil Solleder traccia la via che lo renderà celebre con Gustav Lettenbauer: Apre la direttissima alla parete Nord-ovest della Civetta, «la regina delle pareti» alta più di 1.000 m. Emil Solleder impiegò decisamente la tecnica dell’arrampicata artificiale, usò dodici chiodi e piantò nella fessura iniziale un cuneo di legno, il primo della storia dell’alpinismo moderno, e venne considerata la prima ascensione di VI° grado delle Alpi.
1928 - Prima di unirsi al gruppo dei bellunesi, con cui realizzerà imprese quasi leggendarie, Domenico Rudatis approfondì la sua conoscenza del Civetta con il trentino Renzo Videsott – futuro direttore del Parco Nazionale del Gran Paradiso – col quale conquistò il Pan di Zucchero, con una scalata nei limiti del quinto grado.
1928 – 5/6 settembre. Leo Rittler e Willi Reiner effettuano la prima ripetizione della via Solleder sulla parete Nord-Ovest della Civetta.
1929 - Domenico Rudatis cercava un’impresa pari alla Solleder al Civetta e la trovò salendo il fantastico Spigolo della Busazza, posto sull’altro versante del Civetta: alto 1200 metri, di roccia levigata e compatta, costituiva veramente un problema all’altezza delle salite realizzate dai tedeschi sulle Dolomiti.
Dopo un tentativo di Domenico Rudatis e Renzo Videsott, la salita fu compiuta insieme al forte alpinista tedesco Leo Rittler, che già aveva ripetuto per la prima volta la Solleder, aprendo una variante diretta assai difficile e rischiosa. Lo stesso Leo Rittler giudicò alcuni passaggi più difficili della fessura iniziale della Solleder e ritenne le due vie pressoché equivalenti. Ma Rudatis affermò sempre che nell’insieme la Solleder vantava una certa superiorità, dettata anche dai fattori ambientali. E’ superfluo dire che anche in quest’impresa l’uso dei chiodi fu limitatissima, però quei pochi chiodi (cinque in tutto), permisero di superare passaggi (come il tetto iniziale) superabili in libera arrampicata. In ogni caso si era eguagliato Emil Solleder, ma non lo si era ancora superato.
Oggi lo Spigolo Ovest della Busazza e una delle più classiche vie delle Dolomiti.
1929 - Renzo Videsott con Domenico Rudatis e il trentino Giorgio Graffer compiono la salita al Civetta lungo l’intera cresta Nord, una magnifica arrampicata che fu realizzata con l’apporto importantissimo di Giorgio Graffer, uno dei migliori arrampicatori che agirono nella Dolomiti intorno agli anni Trenta.
1930 - 31 agosto. Attilio Tissi e Giovanni Andrich compiono la prima ripetizione italiana della Solleder alla Civetta. Fino a quel momento le ripetizioni della Solleder ammontano a sei, e tutte compiuta da cordate tedesche. Tanto da far dire che questa via “non è pane per gli italiani” Ma la settima ripetizione è appannaggio della forte cordata.
1930 – 31 agosto – 1 settembre. Hans
Steger e Paula Wiesinger, a poca distanza da Attilio Tissi e Giovanni Andrich compiono l’ottava ripetizione della parete Nord-Ovest
del Civetta della via Solleder, e per Paula Wiesinger la prima
femminile.
1931 - 4/5 agosto. Emilio
Comici e Giulio Benedetti compie la sua salita capolavoro, aprendo
sulla parete Nord-Ovest del Civetta una via parallela alla Solleder;
la Comici.
1932 - 22 agosto. Attilio Tissi, Giovanni Andrich, e Domenico Rudatis conquistano la parete Nord-Ovest del Pan di Zucchero, arrampicata superba dove fu vinto in libera un tratto di V° e di VI° grado, detto la “parete volante”.
1933 - 2 settembre. Attilio Tissi, Giovanni Andrich, Domenico Rudatis, Carlo Franchetti e il principe Leopoldo di Brabante in arrampicata libera conquistano il Campanile di Brabante (Civetta). Il Campanile di Brabante è una torre di roccia di modeste proporzioni, ma Attilio Tissi durante la prima salita superò all’inizio una paretina strapiombante con un solo chiodo d’assicurazione, vincendo in stile elegantissimo e pulito un passaggio di assoluto VI° grado. Ancora oggi, il “passaggio d’attacco” del Brabante è un vero e proprio “test” per l’arrampicatore, e non sono pochi anche i nomi celebri e famosi che hanno dovuto arrendersi di fronte alle difficoltà. Altri invece, volendo passare ad ogni costo, hanno riempito il passaggio di chiodi ed hanno anche usato le staffe…!.
1934 - Raffaele Carlesso, a pochi giorni di distanza dalla sua prima ripetizione italiana della via Comici-Dimai alla Cima Grande di Lavaredo, con Hans Demuth realizzano la prima ripetizione della via Comici alla parete Nord-Ovest della Civetta.
1934 - 23 agosto. Alvise Andrich con Ermani Faè, realizza il suo capolavoro, salendo la parete Nord-ovest della Punta Civetta.
1952 - Cesare Maestri sale in solitaria per la parete Nord-Ovest la via Solleder sul Civetta. Alla fine della stessa i giornalisti intervistano Marino Stenico che ha assistito all’impresa chiedendogli alcune impressioni sul forte Maestri: “Cesare arrampica con tanta naturalezza che guardandolo sembra tutto facile. Supera passaggi e strapiombi con la stessa disinvoltura di un ragno che si arrampica su un vetro”. Da qui nasce l’appellativo di “Ragno delle Dolomiti”.
1954 – Con Fausto Susatti, Armando Aste decide di andare in Civetta e fare qualcosa di nuovo. Sa che c’è ancora da salire la Nordovest della Punta Civetta lungo i diedri di destra, perché gliene ha parlato Mariano De Toni, dicendogli: “Se fate quella via ve la ripetono in mille”. Passando per Feltre, per incontrare Gabriele Franceschi, vengono a sapere da lui che la bella Cima di Terranova, sempre sul Civetta, attende ancora una prima realizzazione. Quindi ben decisi salgono al rifugio Vazzoler, dove il gestore li informa che Georges Livanos (Il Greco) con Robert Gabriel e Armando Da Roit sono già a buon punto proprio su quella cima. “Ripiegano” così sul bellissimo diedro della Punta Civetta che salgono in totale libera.
1954 –Georges Livanos (Il Greco) con Robert Gabriel e Armando Da Roit salgono la bella Cima di Terranova sul Civetta come prima realizzazione.
1957 – Uno sconosciuto belga, di nome Claude Barbier, inizia la danza delle sue solitarie, nate dalla mancanza cronica di compagni e da sue esigenze caratteriali. La sua prima solitaria è la salita del Campanile di Brabante nel gruppo del Civetta.
1957 – Claude Barbier con Diether Marchart, Walter Philipp e Dieter Flamm attaccano la Civetta per realizzare una via nuova sulla Punta Tissi. A metà parete Diether Marchart è ferito da una caduta di sassi, cosicché lui e Claude Barbier sono costretti a scendere, lasciando Walter Philipp e Dieter Flamm a terminare la via: diventerà una delle più grandi classiche delle Dolomiti e Claude Barbier ne farà la prima ripetizione.
Sulle quaranta lunghezze piantano 44 chiodi, più 43 di sosta, e solo con le ripetizioni successive appariranno dei chiodi a pressione. La via è fortemente voluta in “libera” vera, pochissimi infatti risultano i passaggi in artificiale.
Walter Philipp scrive: “Già allora sognavo di poter una volta realizzare un’impresa che desse nuove glorie e nuova reputazione all’arrampicata libera, oramai in certi ambienti addirittura messa al bando. Negli anni successivi ci entusiasmammo sempre più all’idea che l’alpinismo moderno dovesse ricevere un forte impulso dall’arrampicata libera. Non ho alcun dubbio che queste parole incontreranno la più accanita opposizione precisamente in quegli ambienti alpinistici che persistono nel sognare un’aurea era di chiodi ad espansione. Con la Quota IGM (Punta Tissi) volevamo dare una prova ed una dimostrazione di tutto ciò”.
Ma questa profonda visione riceverà dai fatti una dura risposta, nettamente antitetica, proprio l’anno successivo. Il germe per un ritorno all’arrampicata libera è gettato, ma l’arrampicata artificiale avrà un forte colpo di coda …è il periodo della confusione, non privo di curiosi atteggiamenti, imprese esaltanti e furibonde controversie.
1957 - 5/6/7 settembre. Walter Philipp e Dieter Flamm, sulla parete Nord-Ovest della Civetta, superano uno splendido diedro a sinistra dei camini percorsi dalla via Solleder, alto quasi 900 metri, con una scalata libera spinta a livelli estremi, che va a sbucare sulla cresta sommatale ad una elevazione che oggi è detta Punta Tissi, e aprono il Diedro Philipp-Flamm, dimostrando che è ancora possibile aprire numerosissime vie sulle Dolomiti, a patto che se ne abbia il desiderio, lo volontà e la capacità.
1959 – Ignazio Piussi e Giorgio Redaelli salgono direttamente le gialle concavità della parete Sud della Torre Trieste (nel gruppo della Civetta): per salire 800 metri usano 330 chiodi, 90 ad espansione e 45 cunei.
1962 – 23/26 agosto. E’ l’anno che conta il minimo di prime assolute sulle Dolomiti: quindici.
Giorgio Redaelli con Josve Aiazzi, Bepi Pellegrinon e Vasco Taldo, con l’uso di 130 chiodi, 15 cunei, ed alcuni chiodi ad espansione usati per le soste, aprono in Civetta sul Pan di Zucchero, parete Nord Ovest una via diretta che i salitori dedicano ad Andrea Oggioni accanto alla “vecchia” Tissi.
1963 – 28 febbraio - 7 marzo. Durante l’inverno assistiamo alla prima invernale della via Solleder al Civetta parete Nord Ovest. L’assalto è condotto da Ignazio Piussi, Giorgio Redaelli e Toni Hiebeler. E’ il friulano Piussi ad esser l’esecutore materiale della salita. Dal 4 marzo partecipano inoltre all’impresa anche Marcello Bonafede, Natalino Menegus e Roberto Sorgato.
1965 - Ignazio Piussi, Roberto Sorgato e Pierre Mazeaud salgono la Punta Tissi (Civetta).
1967 - Ignazio Piussi, Alziro Molin, Aldo Anghileri con Ernesto Panzeri e Guerrino Cariboni salgono uno spigolo dalle linee ardite: lo Spigolo della Cima Su Alto (Civetta). Per i suoi 400 metri di dislivello (più 400 metri di zoccolo) vengono usati 22 chiodi a pressione che sono giustificati dall’estrema compattezza della roccia che compone lo spigolo. Siamo all’apoteosi della linea perfetta.
1967 – 30/31 luglio. Reinhold Messner, con Heini Holzer, Sepp Mayerl e Renato Reali, aprono un itinerario sulla Nord Ovest della Civetta chiamandolo: la via Degli Amici.
1969 - Reinhold Messner da solo vince il diedro Philipp, sul Civetta, forse la scalata su roccia pura più difficile delle Dolomiti.
1970 – Sepp Mayerl e Leo Breitenberger aprono una via nuova sulla nota Punta Civetta.
1971 – Enzo Cozzolino sale dove altri sono scesi. Sulla parete Ovest della Cima Busazza (Gruppo del Civetta) il grande Cozzolino, prima del tratto chiave, trova una traccia di un precedente passaggio. E’ la corda fissa lasciata da Armando Aste che da quella parete è tornato sconfitto. Cozzolino per concludere ciò che ad Aste non è riuscito, e cioè la salita degli 800 metri verticali di parete, usa soltanto 8 chiodi.
1972 – Dal 16 al 22 marzo.
Sulla parete Nord-Ovest della Civetta, Giovanni Rusconi, Antonio
Rusconi, Gian Battista Villa, Giorgio Tessari e Gian
Battista Crimella tracciano la «Via
dei cinque di Valmadrera», in
invernale, con sei bivacchi in parete.
1972 – Renato Casarotto, solitario rocciatore vicentino, idea e realizza una delle sue sgroppate, stile grande corse: la traversata integrale del Civetta lungo la cresta spartiacque. In cifre: 5 giorni di arrampicata, 22 cime, 4.000 metri di dislivello!. Suo compagno è Giacomo Albiero.
Casarotto, tra le montagne, nascosto tra le sue imprese, sta cercando qualcosa di molto intimo e personale, qualcosa che non è possibile descrivere a parole.
1972 - Nell’estate Enzo Cozzolino è cade nel Gruppo del Civetta mentre da solo percorreva una via neanche troppo difficile.
1973 – febbraio. Giovanni
Rusconi con i giovani Giorgio Tessari, Giuliano Fabbrica e Gian
Battista Crimella, effettuano sulla Civetta la prima invernale,
ambitissima dai migliori scalatori d’Europa, del famoso diedro Philipp-Flamm. Durante quest’impresa le corde fisse furono
usate solo in un tratto della parete iniziale; dunque essa va inserita tra le
massime realizzazioni dell’alpinismo invernale e testimonia il valore
alpinistico dei lecchesi.
1980 – Insieme a Vincenzo Muzzi, Umberto Marampon apre la direttissima sulla parete Sud della Torre Venezia (Gruppo della Civetta), denominandola via “Della Libertà”. E’ praticamente un concatenamento di tutti i “tetti” della parete, fra cui anche quello a falce, sporgente cinque metri. Sa che sui tetti (meglio se enormi) non cozza con le esigenze dei free climbing.
1981 – Graziano Maffei “Feo” e Paolo Leoni aprono la via Del Rifugio sulla parete Nord-Ovest di Punta Tissi (Civetta), e segnano l’entrata anche in Italia delle “diavolerie” americane (sky-hooks, cliff-hangers, etc.).
1986 - Luigi Dal Pozzo, con Renato Panciera, Giovanni De Biasi e Pino Fontana sulla Punta Civetta superano 400 metri di parete affrontando passaggi di 5c e 6b; questa via viene aperta con l’uso di 20 chiodi di cui uno spit infisso sul passaggio più difficile.
1990 - Manrico Dell’Agnola percorre slegato il diedro Philipp-Flamm in 2 ore e 40 minuti sulla parete Nord-Ovest della Civetta.
1990 - 25 agosto. Manrico Dell’Agnola sale con Alcide Prati il diedro Philipp-Flamm e la via Solleder sulla parete Nord-Ovest della Civetta in giornata, con spostamento a piedi.
E’ un impresa da fantalpinismo.
1991 – Valentin Pardeller e Christoph Hainz salgono senza spit un grande itinerario di 27 lunghezze di corda sul pilastro della Punta Tissi, in Civetta: difficoltà fino all’ottavo grado.
1992 – Con 25 spit (tra soste e protezioni) i francesi Patrick Rey e Devis Roy aprono la via Tuyaux De Poele sulla parete Est de Pan di Zucchero (Civetta). Una via di 350 metri con difficoltà fino al 7a+ e 6c obbligatorio.
1993 - Nell’estate, Manrico Dell’Agnola e Alcide Prati, specialisti del gruppo del Civetta, realizzano il concatenamento in giornata dello spigolo Ovest della Busazza (Civetta) e lo spigolo Nord dell’Agner (Pale di San Martino), con spostamento in mountain bike. I tempi di scalata? - 3 ore e mezzo per i 110 metri della Busazza e 4 ore per i 1600 metri dell’Agner, tutto in giornata.
1999 – Venturino De Bona e Piero Bez, alpinisti di Longarone, aprono sulla Civetta una delle più dure vie delle Dolomiti. Via che sicuramente rimarrà nella storia di questa montagna. Nuvole Barocche è il nome del nuovo itinerario che i due alpinisti hanno tracciato in tre anni di duri sacrifici. Fatiche che però hanno permesso loro di creare una linea perfetta, impressionante, dritta in mezzo alle placche verticali e lisce del cuore della parete Nord Ovest della Civetta.
2000 – 14/18 gennaio. Marco Anghileri realizza la prima solitaria invernale della via Solleder sulla parete Nord Ovest della Civetta. Egli porta a termine un’impresa, già tentata da Hermann Buhl, che Bepi Pellegrinon non esita a definire «una delle più grandi imprese mai realizzate sulle Dolomiti».
Sulla via aperta da Emil Solleder nel 1925, Marco Anghileri si impegna in una estenuante solitaria invernale.
La prima ripetizione invernale di questo itinerario risale a 37 anni fa, ad opera della cordata Ignazio Piussi, Giorgio Redaelli e Toni Hiebeler, e finora a nessuno era riuscita, nella stessa stagione, la salita solitaria.
Tre dei cinque giorni vissuti in parete sono serviti alle manovre: Marco si arrampica, si cala sulla corda per toglier le protezioni e recuperare il sacco, e risale.
Nelle ultime tre notti il Föhn trasforma la parete in un muro di verglas facendo rischiare il congelamento dei piedi ad Anghileri: «Non ho mai temuto di non farcela. Il secondo giorno, quando si è alzato il vento forte, per un attimo ho pesato di scendere. Le facevo il filo da anni. Due anni fa sullo zoccolo non funzionava il forellino, l’anno scorso nevicava, questa volta non c’era molta neve. Mi sono detto: non posso più aspettare un altro anno. Gli ultimi tre tiri li ho fatti nella bufera, senza guardare dove mettevo mani e piedi. Non capivo più niente.
In cima ho urlato due o travolte, tanto è stata la tensione accumulata. Quando ho riguardato la parete dal basso, non riuscivo a credere di averla scalata da solo».
Da tempo non si registravano imprese del genere! Imprese che alla severità della parete, aggiungono le rigidità del periodo invernale e la “pesantezza psicologica” di essere soli.
Reinhold Messner da solo vince il diedro Philipp, sul Civetta, forse la scalata su roccia pura più difficile delle Dolomiti.